L’altra faccia della medaglia è la solita follia del calcio, direbbero i benpensanti: l’omicidio a Torino a fine partita, dopo un diverbio sulla questione della “scarsa italianità” dell’Inter. È questo in realtà il frutto amaro di chi da anni soffia sull’autarchia (ancora meglio se “padana”), sprezzante dell’unità nazionale, dell’Europa, dell’immigrazione, di tutto ciò che è diverso; salvo trarre da immigrati meridionali, Stato centrale, Unione Europea e lavoratori extracomunitari la linfa vitale di tanta economia, che vive anche di soldi sporchi italiani ben custoditi all’estero. Eccola servita la vittima di questa becera propaganda a un tempo leghista e fascista, di chi sogna forse di ribattezzare ancora una volta il Football Club Internazionale “Ambrosiana Inter”. Come che si potesse ridurre la squadra nerazzurra ad un’espressione cittadina o regionale. L’aspetto “milanese” dell’Inter conta in realtà poco o niente nel cuore e nella mente del tifo calcistico vero, quello che nasce da bambini e si nutre di colori e di miti e che niente ha a che vedere con localismi e ultras, violenti o meno che siano. Che spiega come l’Inter, analogamente a poche altre squadre leader, goda di tanti tifosi nel mondo, non solo in Italia. Internazionale e anche per questo espressione della passione e del lavoro sportivo di uomini di tutto il mondo, di ogni colore della pelle: come scordare che l’Inter è vista anche come una “squadra di negri”, con la beffa di Balotelli “negro italiano” (diritto di suolo contro diritto di sangue: Fini batte La Russa, peraltro interista...)? E gli “Italiani nel mondo”, cui è stato dato da poco il diritto di voto? Come la mettiamo? Come la mettiamo con Zanetti e Cambiasso, nipoti di italianissimi emigrati? Ammesso che la cosa abbia un senso, si può anche criticare il fatto che l’Inter abbia in squadra pochi giocatori italiani, ma soffiare sul razzismo e sulla demagogia è una pratica pericolosa, soprattutto quando a farlo è chi ha responsabilità di governo e grande esposizione mediatica.
Alessandro Soddu
Affatto impressionata dalla tripletta nerazzurra e per niente desiderosa di aggiungere qualche altro polemico motivo per spiegarla a mio modo, ho taciuto con compostezza tedesca davanti alla doppietta del principe Milito. Uno, due, KO, match finito. Io nello sport il cinismo lo preferisco alla foga passionale. Una noia di 92 minuti (facciamo che i gol abbiano preso un minuto in tutto), ma per la finale era giusto così.
RispondiEliminaIn merito all'italianità della squadra, invece, ritengo che la questione non abbia la benché minima importanza oltre che nessuna rilevanza sportiva. Il mio amico pugile Lin Ji (nato in Corea 20 anni fa) sabato 22 maggio a Torralba è salito sul ring a gareggiare contro un rumeno; la manifestazione era ITALIA-ROMANIA. Lin Ji, che si allena a Oristano da 2 anni, ha combattuto nella rappresentativa sarda. E nessuno ha battuto ciglio, ovviamente. Chi strumentalizza lo sport per fini politici e bassamente ideologici dovrebbe salire sul ring con Lin Ji e provare a dirgli che non è italiano!
Viva lo sport.