Ho
letto in questi giorni Il giorno del
giudizio, di Salvatore Satta. In colpevole ritardo (per quanto si possa
essere colpevoli di tutte le mancate letture), ma forse nell’età giusta per
capirne le mille sfumature. Quel che importa è che l’ho letto e che ne sono
contento. Ho scoperto un capolavoro, per stile, visione e capacità evocativa.
Ma la cosa che più colpisce è come Satta sviluppi il tema narrativo (la società
nuorese dei primi del Novecento), senza indulgere all’atteggiamento nostalgico,
rivendicazionista e autofolklorico di cui è intrisa molta dell’ultima
“letteratura sarda” tanto in voga. È infatti un’analisi (forse, psicanalisi)
spietata dell’uomo e delle cose in un microcosmo sociale ed economico i cui
tratti sono definiti o evocati con la magia narrativa dei grandi scrittori. Per
questo chiunque può leggere Il giorno del
giudizio pur senza aver mai messo piede a Nuoro. È un grande romanzo,
un’autobiografia, ma, se volete, anche un trattato di antropologia o di storia
contemporanea (alla fine della lettura, vale la pena documentarsi sulla vita
dell’autore). Il titolo è un macigno (forse anche questo mi ha tenuto a lungo lontano
dal libro), ma la lettura scivola leggera e piacevole, lasciando un segno
profondo.
A.S.
cribbio se sei fotogenico
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