venerdì 1 aprile 2011

Politica. Occorre rifare l’orlo

Poche cose, nella quotidiana mistificazione della realtà da parte dei telegiornali, riescono ad infastidirmi come l’espressione «essere sull’orlo di una guerra civile»: relativamente all’Iraq, al Libano, alla Libia, ecc. Perché quando viene usato questo modo di dire in realtà la guerra civile è già abbondantemente in corso. Lo si fa per “prudenza” giornalistica? Per minimizzare e non suscitare preoccupazione nell’opinione pubblica? Per non creare allarmismi che possano alterare il mercato (fare aumentare ad esempio il prezzo della benzina)? Comunque, sentire parlare dell’assalto dei “ribelli” e dell’avanzata delle “milizie di Gheddafi” mi fa pensare che l’idea di Stato, almeno in Libia, sia quantomeno in crisi e che le fazioni che si fronteggiano non stiano discutendo animatamente gustando un karkadè. Per me, in questi come molti altri casi si tratta di guerra civile. Le ragioni sono più o meno note e, al di là delle finalità economiche e delle ambizioni di potere di chi guida le rispettive fila, rimandano alla profonda insoddisfazione di milioni di individui ridotti all’impotenza politica, vessati e privati a volte dei più elementari diritti. Qualcuno, in Italia, di fronte all’esplosione del malcontento dal Marocco all’Iran, soprattutto delle giovani generazioni, ha azzardato un parallelo con le mille manifestazioni di dissenso contro il Governo, della Scuola, dell’Università, delle donne e di vari pezzi della cosiddetta società civile, declinata generalmente al “giovanile”. È evidente che non si tratta della stessa cosa, perché il livello di vita di quel paese indecente per molti motivi che è l’Italia non è minimamente paragonabile all’abisso delle sconfinate periferie del Cairo. Però una sofferenza, e anche profonda, c’è, eccome se c’è. E mille volte mi sono chiesto, e me lo chiedo tuttora, come più della metà della popolazione (o dell’elettorato sarebbe meglio dire) possa accettare un andazzo che non ha niente a che vedere con un'inesistente propaganda comunista. Anni di inganni, promesse fatte e non mantenute, impunità sfacciata, spregio delle istituzioni, alterazione delle regole, immobilismo economico. Autorevoli analisti hanno spiegato nei minimi dettagli tutto questo. Teoricamente ci sarebbe solo da prendere una decisione: rimanere o partire. Comunque, reagire. Ma prendere parte al cambiamento significa avere le qualità per farlo. Ambizione, preparazione, determinazione, coraggio. Che peraltro non mancano a chi ci governa da tanto, troppo tempo. Non ci si può fare illusioni sul Presidente della Repubblica, tanto meno su quello della Camera e sui suoi accoliti. Solo mi piacerebbe non sentire più parlare di “rischio di scontro istituzionale”: perché c’è già. Dell’invito “ad abbassare i toni”: sono già talmente alti da impedire di sentire il richiamo. Mai come ora si sente il bisogno dell’intervento di autorità morali, prima che politiche. Che non può essere quello di un Beppe Grillo o degli ospiti delle tante trasmissioni radical chic così inspiegabilmente temute dal Governo (sono un trionfo di autoreferenzialità e quindi elettoralmente innocue). Piuttosto, la Chiesa, ad esempio, prenda le distanze una volta per tutte dai ciarlatani. Possibile che in questo Paese si debba sempre arrivare a toccare il fondo e oltre prima di risvegliare il proprio senso di civiltà?



Alessandro Soddu

3 commenti:

  1. 1°- "siamo sull'orlo di una guerra civile"
    2°- io rimango perchè non ho soldi per partire
    3°- sappi che c'è il rischio di uno "sconto" o scontro istituzionale
    4°- ti invito ad abbassarmi le voci
    PEACE

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  2. anche la mia sarta ha detto che occorre rifare l'orlo

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  3. ...Secondo me non è soltanto metà del paese che accetta "un andazzo che non ha niente a che vedere con un'inesistente propaganda comunista" e "anni di inganni, promesse fatte e non mantenute, impunità sfacciata, spregio delle istituzioni, alterazione delle regole, immobilismo economico".
    Ce n'è un altro bel pezzo che si pavoneggia d'essere opposizione, ma... non trattate male Berlusconi, mi raccomando!

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