domenica 13 marzo 2011

Carnevale. Sardegna, l'isola che beve.

Altro che l'isola che danza: il carnevale sardo consiste in gente che si ubriaca intenta a guardare gente che si ubriaca. Insomma, uno dei tanti eventi pubblicizzati dalla Regione e in cui di fatto viene approvato l'uso sconsiderato di alcol. Va bene, si tratta di vernaccia, cannonau e malvasia, ma non sarebbe il caso di fermarsi a riflettere sopra un problema reale invece che mascherarsi - è proprio il caso di dirlo - per continuare a vendere cartoline ai turisti? Perché se l'alcolismo diffuso lo chiamiamo goliardia, se l'ennesimo cavaliere gonfio di vino che cade da cavallo e muore lo chiamiamo un terribile incidente, se l'incapacità di gestire gli spazi delle feste la chiamiamo folklore, chi stiamo prendendo per il culo? Come regione, intendo.

Tra l'altro, quel che pure dispiace, è che le maschere carnevalesche sarde, suggestive e capaci di creare orrore, perdono gran parte del loro fascino e del loro senso quando coprono volti che fanno ancora più paura.

Forse è tempo di dire che di sbronzetti nuragici, come li ha definiti qualcuno, ne abbiamo avuto abbastanza. O no?


Denise Pisanu

13 commenti:

  1. Stando a ciò che dice Saviano.... Ah no, quando usi l'ironia per dire cose interessanti su Dies non posso dire "Saviano",quasi dimenticavo.
    Ciò che conta è che dopo che avrò postato questo commento nessuno potrà fare battute scontate sul cavaliere gonfio morto in un terribile incidente.

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  2. So che sembro (sono) sempre tignoso: credo che il problema non sia il carnevale (per definizione festa della perdita del controllo, e via con tutte le letture antropologiche che in Sardegna sono ancor più leggibili che in altri luoghi), ma tutti gli altri giorni dell'anno.
    Comunque io l'ho risolta così: Carnevale? No, grazie!

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  3. Tra le nostre specialità, noi siamo bravi anche a fare i sassaresi "puzzi-puzzi". I sardi avranno pure livelli record di disoccupazione (dicono che sia la causa vera dell'alcolismo) e i montagnini poi sopravviveranno pure grazie a 4 mesi da lavapiatti in Costa, ma a noi del patetico carnevale sardo ad uso turistico non ce ne frega nulla, sono soldi buttati, noi cittadini studiati viviamo nello splendido Nordovest, un triangolo che dopo la chiusura delle industrie e la crisi attuale diventerà tra le più floride di quest'isola.

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  4. Trovo molto interessante l'esser stata commentata da 3 stereotipi: 1) quello che non ha niente da dire ma lo vuole dire lo stesso; 2) l'intellettuale snob; 3) quello che ha tutte le risposte chiare, nessuna soluzione e un'amarissima ironia. Detto questo, rispondo.
    Mauro, più che tignoso, forse sei un lettore poco attento e pieno di pregiudizi. Ma mi spiego meglio, magari aiuta; il sottotesto del post è questo: in Sardegna il sollazzo alcolico è un enorme segnale di disagio (con tutte le letture economico-culturali che in Sardegna sono ancor più leggibili che in altri luoghi): perché allora la Regione non riflette sull'elemento umano della macchina turismo? E me lo domando a carnevale proprio in virtù del significato antropologico dello stesso, perché la perdita di controllo, purtroppo, è cosa quasi quotidiana da queste parti.
    Al terzo anonimo mi sento di dire che gli sbronzetti nuragici sono diffusi in tutta la Sardegna, anche a Sassari. Ma aggiungo che, da Carlos V in poi, dovremmo sapere che essere pocos, locos e mal unidos è un pretesto per non affrontare realmente i problemi.

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  5. Bentornata Denise. Hai posto un problema importante e, credo, anche in termini appropriati.
    La trama è la solita vecchia trama: da una parte si fanno campagne sociali per impedire la diffusione di piaghe e devianze sociali, dall'altra parte c'è sempre qualche "supremo" interesse che suggerisce, alla fine, di operare "opportune" deroghe al comportamento istituzionale, che dovrebbe essere ineccepibile.
    Non è così anche per lo Stato, che si mobilita nelle sue varie articolazioni per dirci: "attenzione, il fumo fa male", ma poi detiene il monopolio dei tabacchi da cui trae addirittura parte delle entrate fiscali?

    F. O.

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  6. Dato che in un giro solo mi sono beccato dello snob del poco attento e del pieno di pregiudizi, oltre che, in comunità, dello stereotipo, a che serve che tu a provi a spiegarti meglio, perchè magari aiuta, sottintenendo che non capisco niente? Per avere anche la quinta?
    Bentornata Denise.

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  7. Mauro, ho risposto ironicamente proprio per far presa sulla tua vena ironica, non volevo essere offensiva in alcun modo. Comunque, la quinta è: grazie per avermi dato la possibilità, con il tuo commento, di spiegarmi meglio.
    Francesco Obino, mio caro, ti ringrazio. Io proporrei una drastica riduzione dei bar a vantaggio di palestre comunali, biblioteche funzionanti e rassegne cine-teatrali tutto l'anno per contrastare il fenomeno. Ma come sai I'm a dreamer. But I'm not the only one.

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  8. io avevo capito la quinta di reggiseno! che delusione...

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  9. Certo che la campagna di Denise appare veramente come un sogno irrealizzabile, se solo si resta ad un livello appena superficiale della cosa. Ma è veramente irrealizzabile se si pensa che al degrado della vita "sociale" ricercata dalle nuove generazioni, si è unito il già avvezzo e abuso di alcol della fascia di media e di alta età. Un costume che in Sardegna, sopratutto nei centri più piccoli, viaggiava sul "e beviti una cosa cazzo!". Certo se poi si pensa che l'Isola ha i più alti tassi di malati di diabete, di cirrosi e di epatite C, elementi che vanno a nozze con le alte incidenze offerte delle demenze, medie o più gravi delle persone anziane, o dalle degenerazioni dei tumori al fegato. Insomma un panorama devastatane e socialmente pesante. Anche io ho un sogno che non è incentivato dall'alcol e dalle canne che piovono come coriandoli, e che finalmente spieghi, all'isola che danza e beve per dimenticare, ma anche per evitare di capire, che la cultura sarda e l'ospitalità non deve essere sinonimo di assillo (bevo solo come e quando voglio io, e basta una volta per tutte), che essere uomo non vuol dire essere ebbro ne urlante come le maschere deformate (cazzoooo cubba!!!!), che essere una nuova donna, a passo con il suo tempo, slegata ed emancipata, non vuol dire essere barcollante e sbronza urlante contro tutto e tutti (cazzo questo me lo faccio io troia). Fermo restando la libertà di tutti.
    Ad un mio amico, accanito fumatore e consumatore di alcol, una volta gli ricordai questo motto: lo sai che la sigaretta ti ammazza un po’ ogni giorno… La sua risposta era geniale: Certo, ma io non ho fretta. Certo, ma oggi le sue capacità e la sua allegria si sono ridotte ad un flebile lumicino.
    Un panorama che del resto non accade solo a carnevale.

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  10. Esatto Franco, hai colto nel segno: in Sardegna manca una efficace e capillare campagna di disapprovazione alcolica. Ma la balentia è così esotica agli occhi del turista... Ribadisco e preciso: ognuno può e deve fare quello che ritiene più giusto per sé, ma le istituzioni credo abbiano il dovere di indicare e offrire alternative sane ed edificanti.

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  11. Cara Denise, sul dovere delle istituzioni il dibattito si apre come una voragine che ha precisi limiti tra chi vuole uno stato che viva e segua un'etica (e quante volte e troppo spesso è quella cattolica romana) e chi non vuole lo stato nè nella sua vita, nè dentro il letto, nè a controllare il suo divertimento, e ovviamente nè dentro il bicchiere. La soluzione? Io ti dico la Franco soluzione. Lo stato, noi, dovrebbe pensare al bene comune, con uno spirito laico e aperto. Quindi niente precetti basati sul principi religiosi (catto e musulman ideologie), ma certamente conscio che il peso economico e sociale degli effetti scaturiti dall'abuso incentivato di alcol e droga ricadono su tutta la comunità. Ma qui a pensar male si fa peccato e a volte ci si azzecca. Io credo che il disinteresse dello stato, di noi, in realtà sia anche incentivato non solo dalle industrie del buon bere, ma anche da quell'indotto immenso legato alle "spese mediche" e "spese sociali". In definitiva, magari sbaglio, l'impatto di questo disinteresse è ancora troppo alto, o basso. Non ho elementi precisi per definirlo con certezza, ma certo parafrasando Saviano, la macchina che specula sulla morte, lenta o veloce, è una macchina oliata e ben guidata. Rimane solo il singolo, solo con le sue resposabilità, solo con la sua capacita di capire e agire, mentre tutti attorno fanno solo rumore. E se non suoni, oggi anche in Sardegna, non sei amico, quindi beviti una cosa cazzo!

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  12. Caro Franco, il panorama desolante di bar e avventori di bar, ragazzini a zonzo, brutture architettoniche, strade mai riparate, mezzi di trasporto inefficienti eccetera eccetera eccetera, mi fanno domandare "ma la Regione dov'è? Cosa fa?". E la risposta è stata: la Regione fa dei bellissimi cartelloni pubblicitari. Non si tratta di etica, si tratta di politica. Quello che le istituzioni non fanno.
    E certo, Saviano l'ha detto molto bene. Così come lo dicono quasi tutti i filosofi contemporanei: l'essere umano è spinto da ogni parte a pensare solo e soltanto a se stesso.
    Grazie per la chiacchierata, lo scambio di opinioni, per quanto sia anacronistico alla luce della filosofia contemporanea, per me rimane ancora molto interessante. Ironicamente.

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