Graziano Milia, come si sa da tempo, è stato condannato per il reato di abuso d'ufficio. Perché il Partito democratico lo ha ricandidato per le prossime amministrative?
Non è la solita domanda tendenziosa del giustizialista o del dipietrista di turno (che chi scrive, oltretutto, non è). È una domanda che impone una riflessione seria, e provare a liquidarla nei termini appena accennati sarebbe poco serio.
Certo, Milia porta tanti voti (dovrebbe, perlomeno). Ma si può, da una parte, colpevolizzare il comportamento moralmente inqualificabile del Popolo della Libertà, che non ha mai esitato a riempire le sue liste di uomini inguaiati con la giustizia ma, appunto, capofila di immense clientele elettorali, e dall'altra parte tenere la medesima strategia?
Lo spaesato, sempre più confuso e litigioso Pd sardo (vedi anche i recenti fatti nuoresi) ha sacrificato all'idolo della vittoria elettorale ad ogni costo anche quella che era, mi pare, l'ultima carta pesante che gli restava: la coerenza con una linea politica fatta di correttezza, di trasparente onestà e lealtà verso gli elettori che non si riconoscono nel centrodestra.
Dov'è finito il partito nuovo, che voleva riformare la politica e la società italiana, che voleva aprire finalmente la pista del progresso a questo paese bloccato nelle sabbie mobili di una dominante mentalità reazionaria?
Non si può pensare di convincere i cittadini della bontà di una proposta politica in questo modo. Forse le clientele di Milia daranno al Pd l'agognata vittoria provinciale, ma il partito si condanna da solo a non essere credibile, o comunque a non essere più credibile del suo antagonista.
Francesco Obinu
http://aquarius-ragione.blogspot.com
Concordo in pieno, purtroppo.
RispondiEliminaParole sante...parole sante.
RispondiEliminaStefania Piredda