lunedì 2 febbraio 2009

Politica. Nelle province dell'impero

“Viaggio nel Lazio, la misteriosa terra dei Latini (e dei Laziali)”. Potrebbe essere questa la risposta invernale ai tanti instant books o libri per l’estate, insomma le periodiche ruffianate editoriali che pongono al centro della narrazione la scoperta o riscoperta dell’altra Sardegna, quella che non ti aspetti e che sostanzialmente non deve chiedere mai. Un viaggio che potrebbe iniziare da Civitavecchia o da Fiumicino all’insegna dei profumi forti del mare, del porto e dei binari ferroviari. La campagna elettorale per le regionali che impazza in questi giorni sembra ritagliata su questi immortali luoghi comuni. I nuraghi-cantina di Berlusconi e «i nuraghe» (e magari anche «la seadas») del linguista Veltroni, la sardità che corre sul filo dei cognomi, mentre i mori bendati faticano a trovare la sede del Partito Sardo d’Azione. Stati indipendenti e stati di dipendenza che si mescolano allegramente nei discorsi e nelle strategie su un futuro inesistente. E intanto il carrozzone dei senzavergogna visita le province dell’impero per proporre il consueto e consunto copione. Ma a fare impressione più che i numeri circensi (onore ai nani e alle ballerine cui deve andare il rispetto e l’eterna gratitudine di questo mondo stupido) sono le facce degli astanti, pronti ancora una volta a ingoiare le pozioni magiche del great pretender di turno (chentu concas, chentu psichiatras). In terra sarda non è sicuramente originale sentire i leaders nazionali pontificare sulla bellezza dell’Isola e del suo(?) mare, proponendo quale soluzione di tutti i mali il turismo e l’agro-alimentare. Il che è anche giusto, come è giusto che siano i Sardi a governare le strategie economiche, se è il caso con l’asprezza che il momento richiede. Ed invece piano paesaggistico e tassa sul lusso (provvedimenti certamente discutibili, ma sacrosanti nell’impianto programmatico) sono spesso diventati occasione per vomitare insulti sulle attuali istituzioni regionali che, pur tra limiti e responsabilità di cui renderanno conto agli elettori tra poco, hanno restituito dignità e visibilità politica alla Sardegna dopo decenni di supino grigiore. La satira si addice poco ai Sardi. Infatti lo spettacolo è semplicemente disgustoso.
Alessandro Soddu

2 commenti:

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  2. La satira non piace ai sardi. Siamo decisamente poco abituati a vedere i nostri difetti e affrontarli con la dovuta autoironia. Siamo tutti innamorati del nostro mare, delle nostre campagne dei nostri sentieri che li riempiamo di rifiuti. E siamo NOI. Ci indigniamo quando arriva il solito leader nazionale ci dice "siete la terra più bella del mondo" e per questo me ne compro un pezzo solo per me e voi non ci potete più andare. Non importa se è Sardegna, e la mia Sardegna.
    Siamo rassegnati e depressi. Una parte politica in nome dell'idipendentia Repubblica de Sardinia, insieme ai indipendisti del Marghine, ma differenti dai Sardisti di destra, (geniale il riferimento alle cento teste e ai duecento psichiatri) l'unica cosa che sa… è quella di tirare fuori l'orgoglio megalitico delle costruzioni nuragiche: il vero baluardo contro l'invasore. La nostra storia e identità per avere dignità deve risalire alla preistoria.
    Io dico basta.
    Sono discorsi vecchi e logori come gli stessi muri nuragici che senza la pazienza di chi li studia rappresentano solo delle pietre poste in struttura nel sistema più semplice: una sopra l'altra. Con fatica e testardaggine ma sempre una sopra l’altra.
    Basta con l'ennesimo leader nazionale che ricorda le virtù del mare, o quelle della Sardegna che ha dato i natali a leader storici. Basta!
    Esiste ne sono certo una Sardegna che vuole vivere nel presente, che ora vuole le scuole, le università, gli ospedali, le pubbliche amministrazioni, le industrie che funzionino e di alto livello. Che vuole tutelare l'ambiente non perchè qualcuno se lo compra lo trasforma per poi dice che è bello. Sardi che sono stufi non solo del pubblico mal organizzato e mal gestito ma anche del privato che si adegua a quello che vede intorno a sé. Sardi stufi e stanchi e anche incazzati di viaggiare sempre per ultimi. Che a Fiumicino, l’areoprto Leonardo da Vinci… ti danno prima l'uscita A3 con il passaggio coperto, subito lì a destra nel grande corridoio, ti siedi vedi che sei tra Sardi che stanno per tornare a casa, ma a 15 min dalla partenza diventa sempre A23, sotto con autobus, vento e pioggia a tuo carico insieme al solita continuità ritardataria. Sardi stanchi di essere sempre ultimi, o i primi solo quando c'è da discutere se in costa si è aperta l'ennesima festa di Lele Mora o se all'interno hanno rapito/sparato a qualcuno. Qualcosa è stato fatto, ancora resta da fare, ma finalmente vedere un politico sardo che da dignità all'isola era finalmente ora. Basta con il finto sardo alla Cossiga (senior e junior), Berlinguer (tutti), Parisi, Deliberto, Pisanu, Angius che si ricordano dell’isola per ricordare la spensierata giovinezza mentre si correva tra i campi…. o per pasqua per parlare del porcetto. BASTA una volta per tutte! Quella non è la Sardegna dato che loro se ne sono tutti andati!!! Ciao però!

    Certo Renato Soru è stato spigoloso e testardo e cocciuto come molti sardi. Ma era ora. Abbiamo visto il suo lavoro: non è ancora l'estate, è stato come il sole di aprile. Tutta l’Europa e Italia ci invidia il nostro aprile mentre loro hanno ancora le nuvole e il freddo.

    E nel frattempo la psichiatria ....Guardate ed inoltrate!!!!

    http://www.youtube.com/watch?v=mW--PwWoMvE

    Franco G.R. Campus

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