lunedì 3 ottobre 2011

Politica. Peggio tardi che mai



L’intervento del Presidente Napolitano sulla “questione padana” è stato sorprendente, da un lato per il coraggio, peraltro tardivo, della presa di posizione su un tema che costituisce motivo di scandalo da troppo tempo, dall’altro per la durezza dei toni, anche se (come sempre) confrontando le immagini televisive con i resoconti sulla carta stampata è evidente come quel che si è voluto spacciare come una “ferma condanna” sia stato in realtà poco più che una chiacchierata nei corridoi dell’Università napoletana. Con un cipiglio mai visto, sia chiaro, ma in colpevole ritardo rispetto alla gravità di atti, proclami e propaganda che in tanti anni sono rimasti impuniti, sia per una sottovalutazione del fenomeno, sia per il prosaico tornaconto elettorale della faccenda, a destra come a sinistra. Come se la pagliacciata dell’ampolla, le camicie verdi, il dito medio a inno e bandiera nazionali, ecc. possano essere derubricati a innocue, collaterali, espressioni folcloristiche.
Eppure, c’è stato qualcosa di stonato in quella che un tempo sarebbe stata definita una “esternazione presidenziale”: quel riferimento alla repressione di passati tentativi secessionistici e la tombale sentenza sull’indivisibilità della Repubblica. Per quanto autorevoli analisti abbiano in più occasioni sottolineato, da ogni punto di vista, i limiti dell’indipendentismo leghista, il richiamo alla presunta illegittimità del diritto all’autodeterminazione dei popoli quando questi non rientrino tra le vittime dei passati imperi colonialisti non pare essere proprio convincente. I recenti esempi della rivoluzione di velluto con la nascita di Repubblica Ceca e Slovacchia e dell’indipendenza quasi indolore di Slovenia e Macedonia, per esempio, paiono sfuggire a questo dogma. In ogni caso, trovo che dichiarare o dichiararsi a favore dell’immutabilità di uno status quo sia un atteggiamento prepotente e deprimente, almeno quanto l’egoismo di una parte che intende abbandonare la nave che affonda, come è il caso del nord-est leghista. Tuttavia, le cose possono e devono cambiare. Farlo in meglio sta nella credibilità di chi si fa promotore del cambiamento, ma anche di chi ne nega anche la sola eventualità.

Alessandro Soddu


8 commenti:

  1. sull'autodeterminazione dei popoli vedi ainis sul corriere di sabato scorso.

    RispondiElimina
  2. bene. pare che i commenti funzionino di nuovo.

    RispondiElimina
  3. veramente un bel post. ma lo sfondo....mmmm quanto è bello.

    RispondiElimina
  4. anche a me lo sfondo piace molto, questo rosso speranza mi intriga...si si si molto bellissimo...fa sorridere, non a tutti però.
    p.s
    molto bellissimo.
    Napolitano? no comment.

    RispondiElimina
  5. Il post di Alessandro Soddu mi convince abbastanza nel complesso. Farei soltanto una osservazione: i casi ceko, slovacco e sloveno sfuggono sì alla casistica della oppressione coloniale, però si dà per conosciuto che quei popoli abbiano subìto una forzata "unificazione" sotto regimi dittatoriali e non accettati da (almeno) una parte dei cittadini.
    Il loro è stato comunque un ritorno alla libertà un tempo perduta. Non si può fare lo stesso discorso, evidentemente, riguardo alla rivendicata "autodeterminazione" della "Padania".

    Francesco Obinu

    RispondiElimina
  6. cosa avrà voluto dire?

    RispondiElimina