Tante volte con un amico ci siamo interrogati sul fatto che in Italia ci sia o meno una dittatura. La sua risposta è sempre stata che no, non ci troviamo sotto una dittatura. Sono solo parzialmente d’accordo con lui, perché una dittatura in realtà c’è ed è sotto gli occhi di tutti da tempo, una dittatura mediatica, che impedisce qualsiasi forma di confronto politico ed economico alla pari, tale è la sproporzione di forze a disposizione dei contendenti. Roba vecchia si dirà, ma che mai affrontata seriamente e tanto meno risolta si è incancrenita al punto di essere forse irreversibile. Le proposte di privatizzare la Rai suonano in tal senso, nella loro macabra, involontaria, ironia, come un’autentica pietra tombale su ogni possibile via d’uscita. Essendo inutile ogni recriminazione e analisi di ciò che non è stato fatto, l’unica speranza è che da domani qualcuno a sinistra si decida a farsi carico del problema.
Ci sono però almeno altri tre segnali di forte inquietudine, che se non si possono connettere all’idea di dittatura tout court, sono pienamente inscrivibili nella seconda fattispecie, quella mediatica appunto. Si tratta del palese e scandaloso tradimento della volontà popolare, espressa attraverso altrettanti voti di referendum, a proposito di energia nucleare, finanziamento pubblico dei partiti e legge elettorale. Si dirà che Camera e Senato hanno tutta la legittimità, oltre che il dovere, di legiferare e introdurre modifiche alle normative vigenti, ma ciò dovrebbe avvenire sempre nel rispetto del perimetro costituzionale e in conformità con le espressioni più dirette della sovranità popolare, quali sono appunto i voti referendari. In relazione poi a temi così sensibili come i tre sopraccitati sarebbe sempre auspicabile un approfondito dibattito parlamentare e la ricerca di un ampio consenso, che coinvolga sia le forze di governo e che quelle di opposizione. Non dovrebbe cioè essere ammissibile procedere “a colpi di maggioranza”. Ma tant’è. Dopo aver scoperchiato il pozzo nero della corruzione e collusione tra politica e affari (la cosiddetta tangentopoli) è stato deciso surrettiziamente di riattivare il canale del finanziamento pubblico dei partiti sottoforma di “rimborso spese”; la legge elettorale è stata cambiata e piegata più volte fino alla versione finale che fa piazza pulita di ogni ipocrisia democratica e, dulcis in fundo, ci si appresta ad entrare in un’era nucleare sulla gestione della quale è lecito, al di là del pronunciamento “emotivo” del referendum di tanti anni fa a Chernobyl ancora fumante, domandarsi quali possano essere le garanzie in un Paese incapace di stoccare e/o bruciare gli ordinari rifiuti solidi urbani.
Se veramente non ci troviamo sotto una dittatura, è comunque inquietante che non possa esistere una seria discussione su questi tre temi nodali, che non possano avere dignità e visibilità le posizioni divergenti da quelle di coloro che pensano di potere fare tranquillamente a meno di considerare la volontà popolare. Come che, a proposito, ad esempio, del nucleare, presidente del Consiglio in primis e ministri competenti (Scajola, Matteoli, Prestigiacomo) in subordine abbiano ricevuto un’investitura divina a compromettere per sempre l’ecosistema e le scelte di vita di alcune regioni, ma in realtà dell’intero paese e non solo, come tutti sanno, o forse non sanno. Ecco, torniamo lì. Il difetto è nella comunicazione. Nella sintonia. Nella ricezione.
Alessandro Soddu
Sono d'accordo con te, la "dittatura mediatica" esiste. Altrimenti, chiedo, sarebbero normali certi interventi più o meno "istituzionali", più o meno leciti, come quello di Masi ai danni di Annozero, o quello maldestro tentato da Ghedini ai danni di Report?
RispondiEliminaChe cosa sono questi atti, se non il tentativo dei controllori del sistema mediatico di togliere la parola a chi esprime opinioni diverse e contrarie rispetto alle loro?