È bene non illudersi che scrivendo dei propri mali e di quelli di tutti si possa esorcizzare il male o ridimensionarlo. Ho una cattiva notizia da dare. Qui non si esorcizza e non si risolve un accidente. La superiorità intellettuale sulle cose, cioè la visione dall’alto, lucida (ma non serena), non può sostituirsi al loro destino. L’agire prevale sul pensare, soprattutto quando quest’ultimo è rivolto al già fatto. È la condanna all’esegesi cui è destinata, suo malgrado, una fetta dell’umanità. L’altra nel frattempo fa, nel bene e, soprattutto, nel male. Prevedere e prevenire ha invece il suono sinistro dell’allarme e il mito gli ha dato il nome di Cassandra. Non per questo c’è da andarne fieri.
E se al fare è connessa una naturale vitalità e violenza, è evidente che pensare porta solo all’indebolimento e ad una costante fiacchezza, che vanno ad unirsi allo sconforto per la frequente inutilità dell’esercizio intellettuale. Fino a far sorgere il sospetto che in certi casi non si sia violenti solo per il fatto di non potersi permettere di esserlo.
Alessandro Soddu
Questo post meriterebbe un commento più ponderato, ma che commento sarebbe?
RispondiEliminaMettiamola così: lo condivido, condivido la questione dello strano rapporto tra pensare e fare. L'ho vissuto e lo vivo, il problema.
Alle volte ho creduto che bisognasse pensare più velocemente per risolvere la questione, così da avere tempo per fare.
Eppure è soprattutto un problema del presente, i padri fondatori degli Stati Uniti avevano tempo di pensare, prima di fare e Gramsci di tempo per pensare ne ebbe più di quanto ne desiderasse. Tuttavia essi fecero anche, ma quei tempi non sono più.
Il problema non è solo pensare, ma soprattutto riflettere sulle cose e sulle loro conseguenze.. il che non significa non passare poi all'azione.
RispondiEliminaMa chi ha detto che tutto va fatto con fretta? Mediaset?
marco