sabato 30 maggio 2009
Società. Sardità
La vita sociale, politica ed economica della Sardegna ha compiuto, a partire dal secondo Dopoguerra, un innegabile e per certi aspetti meraviglioso salto di qualità. Tuttavia è evidente il gap che separa ancora l’isola non solo dall’Europa, ma anche dalla maggior parte delle regioni italiane.
Isolamento e separatezza, spesso nostro orgoglio e vanto, non sono pure opinioni, ma dati di fatto geografici, con conseguenze inevitabili che hanno avuto e hanno tuttora riverberi pesanti in termini di qualità della vita in un’isola che manca di infrastrutture e risorse sufficienti a superare il solco che la divide dal resto del contesto europeo.
Una mancanza non solo e non tanto di strade, ferrovie, porti, aeroporti, industrie - che pure sono indispensabili e dei quali si sente tanto più la mancanza quando la recessione aggredisce con maggior forza proprio le realtà più deboli, come accade in questi mesi - quanto di risorse culturali adeguate. Con “risorse culturali” non mi riferisco a Nuraghi, seadas, “vellutini” o altri “pezzi forti” dell’immaginario (o immaginetta) culturale collettivo di “popolo sardo”, ma alle teste dei nostri figli, dei nostri studenti: l’ultimo rapporto OCSE-PISA evidenzia una situazione drammatica della Sardegna, dove il 37% dei nostri quindicenni non raggiunge il cosiddetto livello 2; il che, tradotto in Italiano significa: non sa leggere. Nelle scienze le cose non vanno meglio: il 35% è insufficiente.
Tale situazione non è giustificabile solo con il pur evidente degrado della scuola italiana: la media nazionale infatti si attesta al 26% e solo la Sicilia sta peggio, con il 40% di studenti praticamente analfabeti - nelle Scienze anche la Campania fa peggio di noi.
Se poi facciamo un confronto europeo, allora ecco l’abisso: la media UE è del 20%, cioè la metà del dato sardo.
Se si considera il fatto che il PIL sardo è del 22% circa inferiore a quello della media UE25, viene naturale una riflessione che il buon senso suggerisce al di là dei numeri: vi è una diretta relazione tra il livello di istruzione degli abitanti e la quantità di ricchezza che gli stessi possono produrre e della quale possono godere. È vero che in Italia la qualità e il merito, frutto dell’istruzione, non sempre sono gli strumenti principali per il raggiungimento di risultati personali soddisfacenti, ma ciò non è valido a livello di sistema, il quale comunque subisce da tale mancanza di attenzione ai meriti delle conseguenze delle quali bisognerà prima o poi tenere conto.
Pertanto, uno dei cardini sui quali si dovrà sviluppare una politica seriamente riformista in Sardegna dovrà essere costituito dalla battaglia per l’istruzione. Partendo dalla già importante esperienza fatta nell’ultimo quinquennio di governo regionale da parte del centro-sinistra, è necessario costruire un piano d’intervento didattico di supporto e di completamento al sistema scolastico pubblico, volto a colmare il deficit di preparazione dei nostri ragazzi; tanto più in un contesto nel quale da un lato lo Stato fatica sempre più a trovare risorse sufficienti per mantenere su un livello accettabile la struttura educativa nazionale mentre dall’altro il nuovo ordinamento, cosiddetto federalista, che si va costruendo, pur con tutti i suoi difetti, consente ed anzi impone alle singole Regioni di farsi carico di responsabilità importanti anche nel campo dell’istruzione.
È necessario intervenire sin dalla scuola dell’infanzia e della primaria, per poi proseguire nei livelli successivi di istruzione, possibilmente superando l’attuale quota di intervento volta al 20% della popolazione scolastica (quella considerata a rischio abbandono) per rivolgersi concretamente al recupero delle competenze minime per quel 37% di analfabeti cui si accennava. Non solo, è opportuno predisporre piani strategici di potenziamento dell’istruzione per i più meritevoli, così da formare un’eccellenza in grado di competere a livello di capacità con le realtà più dinamiche a livello europeo, prevedendo già alle medie inferiori e superiori la possibilità di studiare all’estero per uno o più anni. Solo così le specificità degli studenti sardi potranno divenire veri punti di forza multiculturale e multistrato e non presunzione dal sapore provinciale o addirittura folklore.
Mauro Sanna
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
La situazione è gravissima. Tutto comincia in famiglia. In Italia non c'è meritocrazia quindi la famiglia se ne frega. Sassari è l'esempio di come il sistema non funziona.
RispondiEliminaParole sante. Amare, ma sante.
RispondiEliminaTutto terribilmente vero caro Mauro,
RispondiEliminama finché ci saranno persone (insegnanti), che non sanno usare neanche il telecomando
per l'apertura delle portiere della macchina, alle quali vengono date in mano lavagne
interattive...
finchè ci saranno genitori che pretendono la promozione dei figli, difendendoli qualche volta anche a suon di pugni, mentre sarebbe necessaria
una grandinata di ceffoni(per i figli), perchè tanto quello che conta è il pezzo di carta e non
come l'hai avuto...
finchè si continuerà a fare lezione con temperature di oltre 30° o in mezzo all'acqua perchè non si può acquistare un condizionatore o un deumidificatore visto che i soldi sono stati
spesi tutti nell l'aula informatica, per apparecchiature che nessuno è in grado di usare
perchè il dirigente sostiene che prima bisogna fare i corsi (ma i soldi per quest'anno sono
finiti,l'anno prossimo magari, chissà)...
finchè ci saranno insegnanti che non s'impegnano per rendere interessante agli occhi dei
ragazzi la loro materia...
finchè ci saranno genitori che comprano ai loro figli scarpe o telefonini o altro a 3-400
euro a botta pur di convincerli ad andare a parcheggiarsi a scuola...
finchè non ci sarà una riforma radicale che parta dagli edifici ed arrivi agli
educatori (genitori ed insegnanti) che abbia come fine l'utilizzo dell'educazione e
dell'istruzione, e non l'istruzione sterile fine a se stessa...
fino ad allora, che ci piaccia o no, vellutino, nuraghi e seadas (che da sole un pò allappano quindi io aggiungerei anche un goccio di moscato di Tempio) sono una grossa fetta della nostra realtà, quella fetta che forse è vitale per quel famoso 37%.
L'anonimo lettore ha centrato il punto essenziale: "riforma radicale" - cioè profonda e vera - del sistema educativo-formativo scolastico. Senza la quale continueremo ad avere insegnanti che (fatta salva la loro buona volontà e il massimo impegno che profondono nel loro lavoro) non potranno mai formare davvero, e giovani che non avranno mai una preparazione adeguata, ache se quel 37% diventasse 0% (non è un problema di quantità, ma di qualità: la maggior parte degli studenti che esamino all'Università me lo dimostrano, purtroppo, oltre ogni ragionevole dubbio).
RispondiEliminaFermo restando che poi, fatta la riforma, ci vuole anche un'adeguata e funzionale edilizia scolastica e tutto quanto l'amico Mauro ha detto molto bene.
Francesco Obinu
Io propongo un'adeguata formazione anche degli insegnanti che vengono installati nelle facoltà dal genitore e "non nè hanno idea".
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaLe sante e amare parole dell’amico Mauro purtroppo mi lasciano un profondo amaro in bocca. Le tesi sono giuste, le annotazioni legittime, ma perchè allora tutte queste parole mi sembrano vecchie. Sono vecchie perchè di riforma del sistema se ne parlava già venti anni fa.
RispondiEliminaVi faccio un esempio. Sua maestà la televisione, rai Uno, nelle scorse domeniche ha trasmesso i film "la notte prima degli esami 1", e "la notte prima degli esami oggi". Non c'è bisogno di grandi sociologi e storici per capire quale abisso ci separa tra noi che abbiamo fatto l'esperienza personale raccontata nel primo film, ambientato tra il 1988 e il 1990, e quella che rappresenta il mondo di oggi. Genitori che ingannano i figli e sono peggio di loro, figli e docenti che si accoppiano tra loro mentre sta per arrivare l'esame di maturità. Famiglie non allargate, ma inesistenti in un mondo come quello attuale. Come dice Paolo Magone di Zelig il pensiero dominante di oggi è «tromba, tromba, tromba…»
Sono passati vent'anni, i problemi di allora si sono appesantiti mentre il tutto è rimasto fermo al palo. Servono le riforme del sistema si urla nel deserto!!!
Stesse parole, bisogna ripartire dall'istruzione, mentre ci siamo già fumati venti anni.
Ora a qualcuno nasceranno dei figli e ci si rende conto che qualche insegnante delle superiori e delle elementari (ora scuola dell’infanzia a deus piachende) è andato in pensione sostituito da capre che noi stessi abbiamo contribuito a far laureare. Magari regalando il 30 e lode perchè ha seguito (i casi più rari), o perchè lo conosco (i più normali), o perché è il nipote di (diffusi e duri a morire), o perchè mi fa pietà e quindi invece di dirgli che deve studiare meglio, o al massimo di sbatterlo fuori e farlo tornare tra un mese, ma no... gli diamo 28 e via andare. E magari lo aiutiamo con un 30 di fiducia se è al 5° anno fuori corso, ma s’impegna.
Le strutture fanno schifo e si muore di caldo? Che strano... io ho fatto l’esame di maturità a luglio a Sassari e i condizionatori non c’erano e non sono morto. Avrò sudato? Certo ma con dell’acqua normale, anche dal rubinetto si andava vanti.
Oggi c’è più caldo? Certo sono cicli della natura, il buco dell’ozono, ma forse non è anche colpa di quei progettisti di merda, con laurea presa a porcetti o a figa regalata, che pensano che la Sardegna sia la Svezia (vedi le strutture della nuova porzione della Facoltà di Lettere che basta un giorno di sole ad Aprile per morire di caldo).
Se nessuno, dico nessuno è mai intervenuto a dire che quello era uno schifo, che differenza fa dirlo oggi mentre l’orto botanico diventerà una serra che ci vorranno le autobotti di petrolio per raffreddarlo (e gli operai alla SARAS muoiono per pulirle).
Gino Bartali diceva "le tutto da rifare", non dico cose così estreme ma molto, e da molto tempo, è veramente da rifare.
Franco G. R. Campus
...è opportuno predisporre piani strategici di potenziamento dell’istruzione per i più meritevoli... ?
RispondiEliminaSappiamo tutti come andrebbe a finire e chi sarebbero i meritevoli.