Gli ultimi anni di grigia competizione calcistica hanno regalato agli addetti ai lavori (e non solo) un nuovo, curioso, fenomeno antropologico. La conversione dello juventino medio (comoda condizione maturata nell'infanzia inconsapevole) in anti-interista (vocazione scoperta in età adulta, postmoggiana). Così all’amarezza per l’eliminazione dalla Champions (l’ennesima, soprattutto in rapporto al cospicuo numero di partecipazioni) i tifosi bianconeri possono contrapporre il godimento per la canonica uscita di scena dell’Inter. Stavolta, a dire il vero, meno squallida del solito e tuttavia più bruciante, perché maturata in modo beffardo, per quanto comunque meritata. Dopo una pietosa andata a Milano miracolosamente finita zero a zero, nella partita di ritorno a Manchester sono intervenuti in favore degli inglesi gli Dèi del calcio, quelli cioè che sovrintendono ai pali e alle traverse. Si tratta - per capirci – di quell'elemento capace di rendere le partite "stregate": per il Brasile dell'82 Paolo Rossi che mette dentro ogni pallone (i tre toccati in tutta la partita), per l'Italia del '94 Roberto Baggio che calcia il rigore decisivo alle olive, ecc. ecc. L'Inter ha giocato a Manchester una buona partita e un grande primo tempo, meritando almeno di pareggiare. Cosa che avrebbe consentito, per il calcolo dei gol in trasferta, di passare il turno. Come tante volte è successo al "grande" Milan e alla Juve in passato. Così non è stato. Globalmente, quest’anno l'Inter ha giocato la Champions in modo inguardabile, per cui, facendo un ragionamento complessivo, è giusto che sia andata così. Peccato però che nel calcio, e non solo nel calcio, contino anche gli episodi e la fortuna. E si sa che per fronteggiare gli eventi negativi è necessario prevenirli, organizzandosi con metodo: quando si ha la possibilità di farlo e si fallisce per manifesta incapacità non ci sono attenuanti. Per questo il simpatico Mourinho rischia di finire in un mare di guai (si fa per dire), tra le risate diaboliche di chi aspetta solo sulla prima pagina della “Gazzetta” di maggio un titolo a caratteri cubitali: «Zero titoli!».
Alessandro Soddu
Non ho visto la partita dell'Inter... ma fortunatamente - per te e soprattutto per me - non sono giuvventino!
RispondiEliminaIl discorso seppur leggermente di parte potrebbe anche essere condiviso ma lasciami aggiungere carocompadre che a proposito di dei occorre annoverarvi tra gli altri quello che tra andata e ritorno si è insinuato nel corpo del giovane Julio Cesar.
RispondiEliminaQuindi sè è vero che all'andata poteva finire in maniera nettamente diversa è innegabile che il ritorno è stato giocato alla pari.
Tutti i se e i ma lasciano aperte speranze per il prossimo anno sperando veramnete che a Maggio oltre che annoverare il "un Titulo" ci facciano conoscere l'esatto ammontare ceh è servito per costruire la fantomatica portaerei nerazzura alla faccia di tutti i poveri christi che per anni hanno divorato pane e fiele.
El Palo
L'Italia, paese di santi, poeti e navigatori...
RispondiEliminaDa Wikipedia, l'enciclopedia libera
Eupalla è il nome, inventato dallo scrittore e giornalista Gianni Brera[1], di una immaginaria "dea del calcio". Questo nome, palesemente ricalcato su quello di Euterpe[2], musa protettrice della musica e della poesia lirica, è una tipica creazione del linguaggio breriano, che amava giocare con le parole in modo immaginifico, alternando citazioni colte e compiacimenti dialettali.
La definizione da parte dello stesso Brera è: "la dea che presiede alle vicende del calcio ma soprattutto, del bel gioco (dal greco Eu 'bene'). Divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi"[3].
Il termine ha avuto una tale fortuna che oggigiorno viene utilizzato anche da altri autori in relazione al gioco del calcio. Una trasmissione sportiva di Raidue, condotta da Paola Ferrari e Linus e dedicata al campionato europeo di calcio 2004, era intitolata I figli di Eupalla. Eupalla è pure il titolo di un libro dedicato alla storia del Torino (De Pauli 2007).
Sul nome Eupalla, lo scrittore Stefano Benni ha quindi coniato il termine antitetico Dispalla, divinità capricciosa che "govern[a] le sponde e gli spigoli, che con sghemba e beffarda mano [fa] impazzire le traiettorie e sbilenc[a] le parabole, che annebbi[a] la vista ai portieri e appann[a] i riflessi ai difensori, che annod[a] le gambe all'ala in fuga e restring[e] la rete davanti al centravanti..." (1994: 241).
Per fortuna esiste la fortuna
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