Io non pratico il culto della Falce e Martello. Può apparire un incipit curioso, invece è del tutto necessario, vista l’ostilità preconcetta verso ogni riferimento al “comunismo”.
A me “Partito Democratico della Sinistra” piaceva molto. Votai per il PDS e poi per i DS, perché li vedevo come il naturale proseguimento del lavoro berlingueriano per la costruzione di una Sinistra italiana moderna, che stava tagliando i cordoni con il comunismo sovietico. E non mi dispiacque la riproposizione del centrosinistra, perché avevo fiducia che la maggiore propensione progressista, che allora pareva animare i centristi, avrebbe evitato di replicare l’immobilismo governativo della Prima repubblica.
Col passare degli anni, però, la componente progressista dell’alleanza ulivista pesò sempre meno, e l’analisi e le possibili soluzioni dei problemi sociali ed economici si conformarono sempre di più a quanto di negativo si era visto e sentito negli anni del Quadri e del Pentapartito.
Quando fu sciolto il PCI, si commise un errore, che la Sinistra italiana ha pagato caro. Cos’abbiamo perso? Non il Partito comunista in quanto tale, ma il suo prezioso patrimonio ideale, che non è la “dittatura del proletariato”, l’organizzazione collettivistica della società o altri concetti estremi di derivazione marxista-leninista, bensì la profonda radice democratica, egalitaria e libertaria da cui storicamente origina la Sinistra. Questa è l’unica ideologia in cui mi riconosco, la sola che possa dare vita ad una vera politica di progresso della società. Questo abbiamo perso.
Il PCI di Berlinguer era rimasto l’unico depositario di quella radice, perché il socialismo italiano era in via di estinzione già da tempo, e oggi non ne resta traccia. Il ministro Brunetta si dice “socialista”; Fabrizio Cicchitto si dice “socialista”: come posso riferirmi al socialismo, per parlare di Sinistra?
Quella radice ha provato a recuperarla la Sinistra bertinottiana, che non portava né il nome né i simboli del comunismo. Pur così, quel progetto unitario è naufragato nel mare dell’indifferenza, del facile quanto inconsistente mito del “voto utile” e, va detto, anche della smania di visibilità personale di tanti piccoli capetti, che ora lasciano la Sinistra sempre più divisa e a rischio di regredire ad un passato lontano e, sottolineo, sbagliato.
I DS non curarono abbastanza quella radice ideale, impegnati com’erano a rincorrere vanamente Berlusconi sulla pista del “moderatismo”. Così oggi il PD ne è privo, altrimenti Bersani non penserebbe di preparare un’alternativa di governo “progressista”, includendo fra i possibili alleati anche l’UDC, un partito conservatore. Davvero i tre milioni delle primarie e i più numerosi elettori del PD condividono questa inquietante prospettiva?
Quale potrebbe essere l’obiettivo di una coalizione di governo che mettesse insieme Casini, Di Pietro, Bersani e Vendola? La riproposizione dell’interclassismo democristiano? Lo sappiamo tutti: quella formula non si mostrò “progressista”, dato che non permise di superare le forti disparità che feriscono la nostra società. Con tutto che provarono a farla funzionare anche alcune delle migliori intelligenze politiche italiane, come Moro e Zaccagnini.
La mia impressione è che Bersani stia semplicemente cercando di mettere assieme tutto quello che può, con l’unico obiettivo di vincere le prossime elezioni. Costi quel che costi.
Se è così, da uomo di Sinistra non mi resta che la scelta apartitica.
A me “Partito Democratico della Sinistra” piaceva molto. Votai per il PDS e poi per i DS, perché li vedevo come il naturale proseguimento del lavoro berlingueriano per la costruzione di una Sinistra italiana moderna, che stava tagliando i cordoni con il comunismo sovietico. E non mi dispiacque la riproposizione del centrosinistra, perché avevo fiducia che la maggiore propensione progressista, che allora pareva animare i centristi, avrebbe evitato di replicare l’immobilismo governativo della Prima repubblica.
Col passare degli anni, però, la componente progressista dell’alleanza ulivista pesò sempre meno, e l’analisi e le possibili soluzioni dei problemi sociali ed economici si conformarono sempre di più a quanto di negativo si era visto e sentito negli anni del Quadri e del Pentapartito.
Quando fu sciolto il PCI, si commise un errore, che la Sinistra italiana ha pagato caro. Cos’abbiamo perso? Non il Partito comunista in quanto tale, ma il suo prezioso patrimonio ideale, che non è la “dittatura del proletariato”, l’organizzazione collettivistica della società o altri concetti estremi di derivazione marxista-leninista, bensì la profonda radice democratica, egalitaria e libertaria da cui storicamente origina la Sinistra. Questa è l’unica ideologia in cui mi riconosco, la sola che possa dare vita ad una vera politica di progresso della società. Questo abbiamo perso.
Il PCI di Berlinguer era rimasto l’unico depositario di quella radice, perché il socialismo italiano era in via di estinzione già da tempo, e oggi non ne resta traccia. Il ministro Brunetta si dice “socialista”; Fabrizio Cicchitto si dice “socialista”: come posso riferirmi al socialismo, per parlare di Sinistra?
Quella radice ha provato a recuperarla la Sinistra bertinottiana, che non portava né il nome né i simboli del comunismo. Pur così, quel progetto unitario è naufragato nel mare dell’indifferenza, del facile quanto inconsistente mito del “voto utile” e, va detto, anche della smania di visibilità personale di tanti piccoli capetti, che ora lasciano la Sinistra sempre più divisa e a rischio di regredire ad un passato lontano e, sottolineo, sbagliato.
I DS non curarono abbastanza quella radice ideale, impegnati com’erano a rincorrere vanamente Berlusconi sulla pista del “moderatismo”. Così oggi il PD ne è privo, altrimenti Bersani non penserebbe di preparare un’alternativa di governo “progressista”, includendo fra i possibili alleati anche l’UDC, un partito conservatore. Davvero i tre milioni delle primarie e i più numerosi elettori del PD condividono questa inquietante prospettiva?
Quale potrebbe essere l’obiettivo di una coalizione di governo che mettesse insieme Casini, Di Pietro, Bersani e Vendola? La riproposizione dell’interclassismo democristiano? Lo sappiamo tutti: quella formula non si mostrò “progressista”, dato che non permise di superare le forti disparità che feriscono la nostra società. Con tutto che provarono a farla funzionare anche alcune delle migliori intelligenze politiche italiane, come Moro e Zaccagnini.
La mia impressione è che Bersani stia semplicemente cercando di mettere assieme tutto quello che può, con l’unico obiettivo di vincere le prossime elezioni. Costi quel che costi.
Se è così, da uomo di Sinistra non mi resta che la scelta apartitica.
Francesco Obinu
Caro Francesco,
RispondiEliminacredo che le parole successive verranno lette da te come banali e vuote. Non sono contro di te, ovviamente, dato che conosci meglio i temi e gli argomenti, ma una tua frase mi ha colpito:
«la profonda radice democratica, egalitaria e libertaria da cui storicamente origina la Sinistra. Questa è l’unica ideologia in cui mi riconosco, la sola che possa dare vita ad una vera politica di progresso della società. Questo abbiamo perso. Il PCI di Berlinguer era rimasto l’unico depositario di quella radice».
Mi ha colpito nel fatto che tu ti riconosca in un aspetto nobile e senza alcun dubbio prezioso e ovviamente condivisibile. Ma era veramente cosi? Se a questa domanda si da una risposa positiva, allora è chiaro che gli italiani si sono bevuti il cervello tanto a fondo da non aver capito di perdere una politica, una cosa, così tanto preziosa. Allora l’effetto di ritrovarci con la destra al governo, e che destra, guidata da un becero piazzista, anche se ha le sue televisioni, è la causa di questo deperimento di cervelli.
Ma se alla domanda si da una risposta negativa, allora il Berlusconismo non è la causa della perdita di quei valori, ma bensì l’effetto.
Confondere questi due piani è un errore fondamentale. Io non credo che il PCI di Berliguer fosse questa sorta di habitat ideale, democratico e ricco di valori egualitari e libertari. Certo non era il PCUS, ma se fosse vero quello che scrivi (e qui ero troppo giovane per comprendere criticamente i passaggi di allora) perché si sono dissolti, come la neve al sole, quel bagaglio di valori e ideali. Fu solo la morte del suo leader carismatico? O forse la deriva era già in atto. Perché la sinistra, o il centro sinistra, non ha sfondato e non sfonda? Solo perché è troppo impegnato a scimmiottare il Berlusconismo, o perché in realtà è vuoto. Ma la tragedia è che non è un vuoto pneumatico. È un vuoto pieno di quelle cose che tu stesso dici: è stato (la speranza non demorde, qui a sinistra) non egualitario, non democratico, né onesto. A volte, spesso, è stato anche peggio della destra. A quel punto, la gente, finalmente libera dalla Falce e Martello, dai metodi (è sempre un problema di metodo, non di contenuti) non proprio democratici (a volte) e soprattutto con la consapevolezza che nemmeno da questa parte vi era il ricambio, vi erano le risposte alle esigenze; la gente, i voti, se ne sono andati: liberi tutti e tutti a casa. Il consenso si è perso lì. Con tanta pace all’anima di Berlinguer, e di quelli che ne avevamo riesumato il fratello dalla formalina, come il corpo di Lenin sulla piazza rossa.
Una vera tragedia, anche se quello vero, aveva lottato per le cose che scrivi.
Ora non so se l’obbiettivo di attaccatutto di Bersani sia vincente, o se bisogna aspettare la soluzione biologica del Cavaliere, ma, a me pare, che il lavoro sia decisamente più complesso, dato che gli apartitici, le schede bianche e nulle, fanno un bel 40% dell’elettorato.
Franco G.R.
Condivido molte cose dette da Franco e aggiungo: è vero Brunetta e Cicchitto si dicono socialisti e questo mi fa schifo, ma se è per questo Rizzo e Ferrero si dicono comunisti, quindi...
RispondiEliminaCondivido tutto ciò che hanno scritto Franco Campus e Mauro Sanna.
RispondiEliminaFrancesco Obinu più depresso che lucido. Franco Campus più lucido che depresso. Il che è abbastanza rivoluzionario. Ma sono due "sentimenti" assolutamente legittimi. E li rispetto profondamente, entrambi.
RispondiEliminaCaro Franco, non vedo perché dovrei leggere come banali e vuote le tue parole. Sono in sintonia con le mie, in gran parte. A cominciare dal fatto che il PCI di Berlinguer stava democratizzandosi "in progress", non lo era ancora del tutto e forse sarebbe occorso ancora molto tempo per completare il percorso.
RispondiEliminaIl problema è che Berlinguer non ha avuto il tempo per proseguire, mentre chi gli è succeduto non ha saputo o voluto proseguire (con Natta si bloccò un po' tutto).
E siccome la mia "lucidità" non solo è forte ma addirittura praeclara (e se lo si nega bisognerebbe essere capaci di spiegare perché), ribadisco: il "vuoto" apertosi dopo, dentro e intorno alla Sinistra italiana, viene dall'aver buttato via il bambino insieme all'acqua sporca; il principio valoriale dell'eguaglianza insieme alla falce'martello del sovietismo.
Oggi abbiamo una sinistra comunista spezzettata e retrograda, che non piace nemmeno a me (mi pare di averlo scritto chiaramente...), ma abbiamo pure quello che dovrebbe essere il partito guida della Sinistra italiana che invece non sa di nulla, tanto meno di Sinistra. Ecco perché l'apartitismo e la sfiducia aumentano.
Si sono accorti nel PD che i loro voti sono ormai meno di quelli che avevano come DS e Margherita?
F. O.
Credo che uno dei periodi più belli per l'umanità sia stato quello successivo alla seconda guerra mondiale e la Germania (ovest) tra anni '50 e '80 il posto più civile dove vivere.
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