lunedì 12 ottobre 2009

Politica. Rinascimento


I prossimi mesi diranno se la legislatura in corso arriverà al suo traguardo naturale, come in molti ritengono, oppure terminerà in anticipo, come in tanti speriamo. Sia come sia, una cosa mi sembra certa: dopo l’annullamento del “lodo Alfano”, i restanti giorni del governo non saranno baldanzosi come quelli trascorsi. Più arroganti forse sì, e nervosi, fragili, insonni.
Per il superuomo il risveglio è stato un fulmine lancinante: lui è come tutti gli altri. Non ha diritto ad una considerazione speciale e nessun privilegio gli sarà riconosciuto.
Il concerto governativo aveva realizzato una maschera istituzionale per camuffare i lineamenti “ad personam” del lodo, ma il cerone era cominciato presto a colare sotto la luce dei tanti riflettori. Con un misurato anticipo sulla sentenza della Corte costituzionale, il presidente della Camera aveva manifestato l’intendimento di “essere trattato come un comune cittadino” nella lite con il magistrato Woodcock. Distinguersi in politica è un’arte, bisogna saperlo fare, e saperlo fare nel momento più opportuno…
Ora resta da vedere se la politica italiana saprà ripartire dalla caduta degli dei per recuperare la dignità che perse giusto quindici anni fa, quando Berlusconi e il suo entourage imposero il gioco senza regole e senza esclusione di colpi del protagonismo personale, sparato con la furia di miliardi di pixel e di decibel. Un gioco che è stato fino ad oggi l’arma letale con cui il centrodestra, incapace di presentare una proposta politica di qualità, anche per la preminenza degli interessi privati del suo capo, ha neutralizzato la reazione della controparte.
Il centrosinistra, costretto a rinunciare al confronto sulle idee e sui progetti, e a battersi sul terreno della disputa verbosa, ha perso più volte la partita. Mentre i suoi leader provavano a mettere a fuoco un obiettivo di sostanza politica su cui impostare l’opposizione, il dilagante linguaggio immaginifico berlusconiano: - Loro sono quelli che sovvertono la realtà, sono quelli dei cento milioni di morti, sono quelli che vogliono toglierci la libertà - e via dicendo, rapiva i cuori di tantissimi “mollusconi”, per usare l’espressione di una mente lucida che, purtroppo, non potrà assistere allo sgusciamento del paguro.
Adesso c’è la concreta possibilità di lasciarsi alle spalle il quindicennio. Mentre però il rinascimento della politica sembra profilarsi sul prossimo orizzonte elettorale, sono costretto a constatare, con disappunto, che ancora una volta la Sinistra rischia di fare tardi all’appuntamento.
PdL e Lega ci saranno, forse con un nuovo candidato premier, forse non con tutta la forza di cui dispongono oggi, ma senz’altro con la stessa capacità di compattare i ranghi che hanno sempre dimostrato di avere. Potrebbe essere della partita anche un nuovo “Centro”, prodotto delle osmosi interne al vasto schieramento “moderato”, che non avrebbe difficoltà a solleticare le nostalgie egemoniche della dormiente Italia democristiana.
La terza, classica espressione del sentimento politico-ideologico italiano, invece, è tecnicamente dispersa. Tramortita dalla frammentazione dell’area comunista e dalla spersonalizzazione del Partito Democratico, la Sinistra oggi non è in grado di prendere parte con concrete speranze di successo al confronto elettorale.
Che Walter Veltroni non sia (almeno per ora) riuscito a tornare in sella, che Dario Franceschini non sembri destinato a rimanere segretario e che Francesco Rutelli sia sempre più intenzionato a lasciare il partito sono, dal mio punto di vista, fatti positivi. Liberato dalla loro influenza, e possibilmente da quella di altri “simil-centristi”, il PD sarebbe nelle condizioni almeno potenziali di riconfigurarsi a Sinistra: se il partito sapesse ritornare al formato DS, sarebbe già qualcosa.
Il cambiamento nel PD potrebbe suscitare nei partiti dell’area comunista il convincimento che un nuovo robusto fronte progressista, in Italia, può essere costruito. A patto che gli indegni eredi di Enrico Berlinguer ritrovino la volontà di stare insieme, perché anche ai tempi del segretario sassarese esistevano diversità di vedute, ma queste non trovavano sfogo in ripetute, egoistiche e controproducenti scissioni, bensì nel sano e necessario confronto tra la linea maggioritaria e quella minoritaria. Si chiamava democrazia dialettica interna: che cosa ne hanno fatto i litigiosi comprimari di oggi?

Francesco Obinu

3 commenti:

  1. Se dal PD si distaccassero:
    il falso riformista macato mr. rosicone Dalema;
    la cattodeficente Binetti;
    la proto proletaria Melandri;
    Si definirebbe già un identità migliore, magari anche solo ascoltando uno pochino, pochino quanto ha detto ieri Marino.
    Purtroppo come al solito la sinistra è eternamente in ritardo. Il futuro segretario Bersani (se eletto) doveva essere eletto già due anni fa e per certi versi è già vecchio prima di iniziare. Quasi quasi è meglio Franceschini.
    Dai facciamo il golpe. Se vince Franceschini è vero che ci accuseranno un colpo non da poco persone di valore come La Bindi e lo stesso Bersani, ma ci liberiamo dei capi bastone controllati da Dalema. Finalmente. Ci sarebbe vita su Marte!

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  2. Indubbiamente la sig.ra Binetti è una di quelle persone che in un partito che ambisce ad essere progressista ci stanno a fare niente, se non zavorra.
    Non credo che Giovanna Melandri, di formazione statunitense, possa essere definita proto-proletaria e di D'Alema mi basta sapere che è un uomo di Sinistra.
    Il problema di Franceschini è che crede ostinatamente nell'"autosufficienza" del PD (come ai bei tempi della DC, magari!). Non è propenso ad allargare l'alleanza a Sinistra, e questo, secondo me, significa dare un vantaggio al centrodestra.

    Francesco Obinu

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  3. Spero di vivere abbastanza a lungo per vedere 'sto Rinascimento. Gli interisti ci sono quasi riusciti, quindi tutto è possibile.

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