giovedì 24 settembre 2009

Cultura. Noi Sardi siam così




Esiste un fenomeno inspiegabile per cui, dopo aver letto casualmente su un libro o un giornale una cosa che si ignorava, il giorno stesso o in quelli seguenti ci si imbatte in qualche modo nello stesso argomento. Non un déjà vu, per intenderci, ma piuttosto quel meccanismo che fa sì che incontriamo il nuovo vicino di casa in ogni angolo della città dopo aver passato una vita ignorandone l’esistenza. Insomma, per farla breve, Matteo Motolese sul Domenicale del “Sole24ore” del 20 settembre scorso recensisce un saggio di Furio Brugnolo su come la lingua italiana sia stata fatta propria da autori di altra nazionalità. La ricerca prende piede dai trovatori provenzali ed in particolare da Raimbaut de Vaqueiras, che intorno alla fine del XII secolo verseggia ospite nella corte dei marchesi di Monferrato. Lo studio di Brugnolo evidenzia come una delle prime testimonianze del genovese antico si ritrovi nel cosiddetto Contrasto, dove il poeta fa canticchiare a una donna genovese «giullare, il tuo provenzale, te l’assicuro, per me non vale un soldo; non ti capisco più di un tedesco di un sardo o un berbero» (jujar, to proenzalesco, s’eu aja gauzo de mi, non prezo un genoì; no t’entend plui d’un toesco o sardo o barbarì). Per onor di cronaca, il buon Raimbaut conosceva la Sardegna, anzi i sardi, o, meglio, le sarde (un po’ come accade oggi), visto che in una sua nota poesia canta la bellezza della principessa logudorese Maria la Sarda, moglie di Bonifacio di Saluzzo. Detto questo, il giorno dopo sono incappato in un passo di Boncompagno da Signa, celebre maestro medievale di retorica, relativo al modo di piangere nei vari popoli. Ebbene, uno dei capitoli è dedicato ai Sardi e ai Berberi: i primi per gelosia sferzerebbero l’aria con urla simili a quelle dei cacciatori, gli altri ululerebbero come lupi mentre le loro mogli guairebbero come volpi (Sardi zelotipi more venantium ictu vocis verberant aerem, quando plangunt, et Barbari tanquam lupi ululant et mulieres eorum ganniunt sicut vulpes). Nel 2003 il film di Mereu Ballo a tre passi dipingeva un quadro non molto dissimile, mentre Aldo, Giovanni e Giacomo, quando ancora facevano ridere, con la gag del “nonno” avevano colto bene il lato esotico della faccenda. C’è da esserne contenti o dispiaciuti? La non-risposta sta tutta nello sguardo interrogativo-strabico del muflone: molto sardish!

Alessandro Soddu

1 commento:

  1. Ma così che razza di blog-discussione si crea?
    Scopriamo che la Sardegna e le sue caratteristiche, anche quelle più curiose, sono note anche fuori? Che il modo di piangere e urlare delle nostre prefiche, che facevano s'attittu al cadavere, era impressionante per i non sardi?
    Che ci si deve domandare se essere contenti o dispiaciuti che glia altri ci utilizzino come esempi? Che lo sguardo del muflone è veramente interrogatico-strabico ( Vero! Conosco personalmente della gente con questo modo di guardare ….).
    Tutto bello, coerente e ben scritto. Ma allora di che parliamo? Hai detto tutto tu?
    Allora una provocazione per dare fuoco alle polveri... perchè il Sardo, con la sua lingua incomprensibile, le sue montagne impenetrabili, le sue manifestazioni funebri così impressionanti, e suo gerundio costante (andando sto..) e le forme passive volanti (vuole pulito; vuole chiusa), è così limitato da non essere capace né di ridere di sé, né di correggere o modificare alcuni suoi comportamenti, diciamo così, chiusi e ottusi?
    Così per parlare.
    W Maria la Sarda e Caterina Murino e (abbasso) Valeria Marini premio navicella sarda 2009 a Castelsardo. La Valeriona premiata dal sindaco per il lustro dato a chi? Lei, che con le sue doppie evidenti, ha sempre negato la sua origine isolana.
    Prima che il gallo tre volte, mi rinnegherai tre volte. Un episodio canonico, quello ispirato al grave momento del ter negabis, rappresentato da Pietro Apostolo triste, che con la mano portata al mento, ascolta la profezia della triplice negazione annunciata dal Cristo che, per questo, leva tre dita della mano destra, mentre un gallo appare sullo sfondo.
    Potremo istituire il ter negabis Sardo: chi nega per tre volte di essere Sardo non è più degno di nessun premio, se non quello di una gallina (magari con le fattezze della Marini).
    Basta con i premi per i Sardi che fanno onore all’Isola dall’esterno, ma andandosene a gambe levate dall’Isola.
    Voglio un premio a chi rimane in questa Isola e decide di essere più sardo dei Sardi.

    Franco G.R. Campus

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